Che tipi di startup ci sono? Quali sono le principali forme con cui si può presentare una startup innovative? In questo articolo analizzeremo le diverse tipologie di startup esistenti, seconda la nota classificazione fatta da Steve Blank.
Per lungo tempo una startup non era altro che una generica “tech company con meno di 100 impiegati” e gli investitori trattavano le startup alla stregua delle piccole imprese. Questo fatto ha costituito un ostacolo alla nascita e alla crescita di un ecosistema imprenditoriale atto a garantire un prospero sviluppo di una startup.
Sembra banale a dirsi, ma non tutte le imprese piccole ambiscono a essere una startup e non tutte le startup sono per forza piccole imprese “familiari”, cresciute nel box di casa attraverso bootstrapping e aha moment.
Esiste infatti una enorme differenza concettuale e organizzativa tra una startup, una piccola impresa e una grande azienda. Queste differenze sono state raccolte e formalizzate dal legislatore nel 2012 in Italia, quando venne data formalmente la definizione di startup innovativa (DL 179/2012, art. 25, comma 2). E questo fatto ha sicuramente contribuito a generare quel tessuto di norme adeguate e competitive entro cui le nostre startup innovative vanno costruendosi.
Occorre però anche conoscere quali sono i tipi di startup esistenti sul mercato, a prescindere (e a volte pure a dispetto) della normativa vigente.
Per tratteggiare un quadro il più possibile efficace e accurato del panorama esistente, prenderemo le mosse dalla ormai notissima classificazione che fece per primo Steve Blank in un articolo del WSJ del 2013. Secondo Steve esistono 6 tipi di startup. A cui ormai convenzionalmente se ne aggiunge un settimo tipo, le startup unicorno.
Vediamole rapidamente attraverso le parole di Blank.
Tenendo a mente che l’articolo è stato scritto nel 2013, queste sono le sue parole.
LIFESTYLE STARTUP
Sulla costa della California dove vivo, gli imprenditori del lifestyle sono come i surfisti, insegnano lezioni di surf per pagare le bollette in modo che possano navigare ancora un po’.
Gli imprenditori del lifestyle vivono la vita che amano, lavorano solo per se stessi e perseguono la loro passione personale.
L’equivalente della Silicon Valley è il programmatore operaio o il web designer che ama la tecnologia e accetta lavori di codifica e U/I perché è una passione.
Steve Blank, 2013
Il primo tipo di startup secondo Blank è la “lifestyle Startup”. E se ti trovi in California all’inizio degli anni 2000 è anche abbastanza ovvio immaginare perché.
Che tipo di startup è? Una “lifestyle startup” è un tipo di azienda che potrebbe creare una persona che desidera fare della propria passione un “lavoro vero”.
Si concentra quindi sulla creazione e la commercializzazione di prodotti o servizi che si inseriscono nello stile di vita di un determinato gruppo di consumatori.
Immagine di SMALL-BUSINESS STARTUP
Il numero schiacciante di imprenditori e startup negli Stati Uniti oggi sono ancora piccole imprese. Questa categoria comprende negozi di alimentari, parrucchieri, consulenti, agenzie di viaggio, vetrine di commercio su Internet, carpentieri, idraulici, elettricisti, ecc. Sono chiunque gestisca la propria attività. Gli imprenditori di piccole imprese lavorano duramente come chiunque altro nella Silicon Valley. Assumono dipendenti locali o familiari. La maggior parte è a malapena redditizia. La maggior parte delle piccole imprese non è progettata per la scala: i proprietari vogliono possedere la propria attività e nutrire la famiglia. Il loro unico capitale disponibile sono i propri risparmi, quelli che possono prendere in prestito da parenti e banche. I piccoli imprenditori non diventano miliardari e non fanno molte apparizioni sulle copertine delle riviste. Ma in gran numero, sono infinitamente più rappresentativi dell'”imprenditorialità” rispetto agli imprenditori di altre categorie, e le loro imprese creano posti di lavoro locali. A dispetto di quel che si dice, in America, ma anche in Italia, la maggior parte delle persone gestisce in una qualche maniera una piccola impresa familiare. Sono tutti coloro che portano avanti la propria attività per dar da mangiare alla famiglia. Il concetto fondamentale di questi tipi di startup è che non è disegnato e pensato per essere scalabile. Questo implica, la maggior parte dei casi, anche la non scalabilità del business. Un esempio è YOOX Net-a-Porter Group. Fondata nel 2000 a Milano, YOOX Net-a-Porter Group è una società di e-commerce specializzata nella vendita di prodotti di lusso online. All’inizio, l’azienda ha iniziato come una startup con una manciata di dipendenti e un focus specifico sul settore della moda di lusso. Grazie all’innovazione nel campo dell’e-commerce e all’attenzione per l’esperienza di shopping online di alta qualità, YOOX Net-a-Porter Group è cresciuta rapidamente nel corso degli anni ed è diventata una delle principali piattaforme di e-commerce nel settore della moda di lusso a livello mondiale. Le grandi aziende hanno cicli di vita limitati. E nell’ultimo decennio, quei cicli si sono accorciati. Sta già diventando chiaro che le pratiche di lean startup non sono solo per startup scalabili e acquistabili. Le aziende hanno trascorso gli ultimi 20 anni ad aumentare la propria efficienza riducendo i costi. Ma concentrarsi semplicemente sul miglioramento dei modelli di business esistenti non è più sufficiente. Quasi tutte le grandi aziende comprendono che devono anche affrontare minacce esterne sempre crescenti attraverso l’innovazione continua. Per garantire la loro sopravvivenza e crescita, le aziende devono continuare a inventare nuovi modelli di business. Questa sfida richiede strutture organizzative e competenze completamente nuove. Si tratta quindi aziende di grandi dimensioni, “condannate” a crescere e a evolversi per rimanere vive e sane. Un po’ come i dinosauri, sono a rischio estinzione se non hanno la capacità di adattamento costante. Per questo motivo si occupano molto spesso di innovazione investendo in altre startup più piccole attraverso i Corporate Venture Capital (o CVC). Spesso questo termine si usa in riferimento a un’unità o un’entità all’interno di una grande azienda consolidata che opera in un settore o mercato specifico con un approccio e un modello di business simili a quelli di una startup tradizionale. Generalmente “separata” finanziariamente dal resto dell’azienda madre, ha come scopo proprio quello di sperimentare, innovare e creare prodotti o servizi nuovi. Una large-company startup nostrana potrebbe essere Enel X di Enel, una delle più grandi utility elettriche italiana. Divisione separata di Enel, si concentra sulla trasformazione dell’azienda tradizionale in una società energetica intelligente e sostenibile. Concettualmente, ha un approccio e una mentalità simili a quelli di una startup, con metodologie agili, rapida iterazione e enfasi sull’innovazione, e l’obiettivo di guidare il cambiamento e l’evoluzione nel settore energetico. Gli imprenditori sociali non sono meno ambiziosi, appassionati o spinti ad avere un impatto rispetto a qualsiasi altro tipo di fondatore. Ma a differenza delle startup scalabili, il loro obiettivo è rendere il mondo un posto migliore, non prendere quote di mercato o creare ricchezza per i fondatori. Possono essere organizzati come no profit, a scopo di lucro o ibridi. Una “social startup” è, tra i vari tipi di startup, quella più “etica“. Combina infatti obiettivi imprenditoriali con l’intento di generare un impatto sociale positivo. Queste startup mirano a risolvere problemi sociali o ambientali attraverso l’uso di modelli di business innovativi. A differenza delle imprese tradizionali, il loro scopo principale non è solo il profitto, ma anche il cambiamento sociale. Un esempio italiano? Too Good To Go. Fondata nel 2015, è un’applicazione mobile che combatte lo spreco alimentare connettendo i consumatori con i ristoranti e i negozi locali per ridistribuire gli avanzi di cibo a prezzi scontati. L’intento social (o almeno la narrazione) è di voler sensibilizzare le persone sul problema dello spreco alimentare e promuovere un cambiamento di comportamento verso una maggiore sostenibilità. Le startup scalabili sono ciò che gli imprenditori della Silicon Valley e i loro investitori di venture capital aspirano a costruire. Google, Skype, Facebook e Twitter sono solo gli ultimi esempi. Fin dal primo giorno, i fondatori credono che la loro visione possa cambiare il mondo. A differenza dei piccoli imprenditori, il loro interesse non è guadagnarsi da vivere, ma piuttosto creare capitale proprio in una società che alla fine diventerà quotata in borsa o acquisita, generando un guadagno multimilionario. Le startup scalabili richiedono capitale di rischio per finanziare la loro ricerca di un modello di business e attirano investimenti da investitori finanziari altrettanto pazzi: i venture capitalist. Assumono i migliori e i più brillanti. Il loro compito è cercare un modello di business ripetibile e scalabile. Quando lo trovano, la loro attenzione alla scala richiede ancora più capitale di rischio per alimentare una rapida espansione. Tra i differenti tipi di startup, le scalable sono le startup ideali. Un’idea visionaria coniugata con un modello scalabile e la volontà di cambiare il mondo. Un esempio è Cubbit: fondata nel 2016, ha sviluppato una soluzione di storage cloud decentralizzata utilizzando la tecnologia di rete peer-to-peer. Si tratta di un modello scalabile per definizione stessa, che mira a d avere un forte impatto sulle abitudini quotidiane di storage dei documenti personali. Negli ultimi cinque anni, il costo e il tempo necessari per creare app Web e mobili sono crollati. Puoi raggiungere l’adattamento del prodotto / mercato e un milione di utenti con $ 100.000 a $ 1 milione. Molte di queste startup aggirano i tradizionali VC utilizzando fondi di crowd o angel. In alcuni casi, mentre potrebbero essere in grado di costruire un business da un miliardo di dollari, la mancanza di investitori tradizionali in capitale di rischio (e valutazioni a sangue dal naso) toglie la pressione degli obiettivi di liquidità “swing for the fences”. È probabile che questa classe di startup venga venduta a un’azienda più grande per $ 5 milioni a $ 50 milioni. I fondatori e gli investitori se ne vanno con milioni ma non miliardi. Si tratta sostanzialmente di una startup che ha dimostrato fattivamente un elevato potenziale di crescita, raggiungendo un livello di sviluppo e successo tale da renderla attraente. Acquistabile quindi da parte di altre aziende. Buyable, in una parola. In Italia abbiamo Musement, una piattaforma di prenotazione online per attività turistiche e culturali. Fondata nel 2013 a Milano, ha sviluppato una piattaforma per prenotare visite guidate, musei, concerti e altre attività un po’ ovunque nel mondo. Bene, nel 2019 è stata acquisita da TUI Group, uno dei maggiori operatori turistici a livello globale. Questa acquisizione ha consentito a TUI di ampliare la sua offerta di esperienze turistiche e di migliorare la sua presenza nel settore delle prenotazioni online. Un unicorno rappresenta una startup che ha raggiunto una valutazione di mercato di almeno 1 miliardo di dollari prima di essere quotata in borsa. Il termine “unicorno”, coniato nel 2013 da Aileen Lee fondatrice di Cowboy Ventures, deriva dal tratto di unicità tipico di queste startup, considerate quindi rare e preziose proprio come i mitici unicorni. Un esempio è Stripe. Fondata nel 2010 dai fratelli irlandesi Patrick e John Collison, è una società di tecnologia finanziaria che fornisce strumenti di pagamento online per le imprese. L’azienda offre una piattaforma di elaborazione dei pagamenti per semplificare le transazioni online. Nel corso degli anni, ha attirato investimenti significativi e ha registrato una crescita esplosiva, raggiungendo una valutazione di oltre 100 miliardi di dollari nel 2021.
LARGE-COMPANY STARTUP
SOCIAL STARTUP
SCALABLE STARTUP
BUYABLE STARTUP
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