“Startup e quote: i consigli per non sbagliare?” è la seconda puntata del podcast dell’Avvocato delle Startup, “La Guida alle regole dell’innovazione“. In questa puntata parleremo della suddivisione delle quote societarie. Vedremo quali criteri dovrebbero guidare lo startupper durante questa fase e quali strumenti ha ha disposizione per strutturare efficacemente la partecipazione al capitale sociale.
Proseguiamo oggi con la seconda puntata del podcast dell’Avvocato delle Startup affrontando il tema delle quote. La corretta e consapevole suddivisione delle quote di partecipazione al capitale sociale rappresenta infatti un aspetto di cruciale importanza strategica per le startup innovative. Dopo aver costituito la startup, argomento della prima puntata del podcast, tocca occuparsi della compagine societaria.
La strutturazione della partecipazione al capitale sociale non si limita a mere considerazioni di natura economica, ma si intreccia con strategie di attrazione, fidelizzazione e incentivazione dei talenti che risultano cruciali per il successo e la sopravvivenza della startup stessa nel lungo periodo.
Quando si fanno le scelte iniziali è importante non lasciarsi trasportare dalle emozioni, perché potrebbero giocare brutti scherzi, impedendo di valutare tutti i fattori notevoli. In questa puntata analizzeremo quindi quali possono essere i criteri che devono guidare la suddivisione delle quote societarie. Andremo quindi a vedere quali strumenti specifici ha a disposizione uno startupper per strutturare efficacemente la partecipazione al capitale sociale attraverso la ripartizione delle quote.
LE QUOTE, STRUMENTO PER FIDELIZZARE
Ossia work for equity e stock options.
Le startup innovative, in quanto realtà imprenditoriali caratterizzate da un elevato grado di incertezza e rischio, si trovano ad affrontare sfide peculiari nella gestione del capitale umano. L’elevata dinamicità e l’alto rischio di fallimento, comportano difficoltà nel reperire e trattenere personale qualificato.
Ma una startup, soprattuto nelle sue prime fasi di vita, vive di capitale umano in assenza di un brand forte sul mercato, capace di attrarre talenti con il solo nome. Il rischio di perdere un dipendente qualificato è infatti altissimo a causa dell’elevato tasso di turnover che si registra in questo tipo di realtà lavorativa. Attrarre e trattenere talenti qualificati è d’altro canto fondamentale per il successo di queste aziende, ma le risorse finanziarie a disposizione sono spesso limitate.
A tal fine, il legislatore ha introdotto strumenti giuridici specifici che consentono alle startup di remunerare i propri collaboratori non solo con denaro, ma anche con la possibilità di acquisire quote societarie o azioni. La suddivisione delle quote si rivela allora strategica e deve essere gestita con consapevolezza e professionalità.
In questo contesto, il work for equity e le stock options si configurano come strumenti di fidelizzazione dei collaboratori particolarmente efficaci per le startup innovative.
Non solo consentono di attrarre e trattenere talenti qualificati senza dover sostenere onerosi costi di personale ma, legando il compenso dei collaboratori al successo della startup, li incentivano a contribuire attivamente alla sua crescita. Inoltre permettono di strutturare accordi di collaborazione personalizzati in base alle esigenze specifiche della startup e del collaboratore.
DOVE TROVARE LA SECONDA PUNTATA
Potete trovare la seconda puntata del podcast dell’Avvocato delle Startup, “La Guida alle regole dell’innovazione” sulle principali piattaforme. Eccole:
Quella che state per leggere è la seconda chiacchierata tra l’Avvocato Cristina Crupi e l’imprenditore digitale Mario Moroni.
L’abbiamo divisa in tre brevi capitoli per semplicità di comprensione degli argomenti trattati.
Buona lettura!
SUDDIVISIONE DELLE QUOTE
Mario Moroni: Buongiorno e benvenuti al podcast dell’Avvocato delle Startup! Sono Mario Moroni e con l’avvocato delle startup Cristina Crupi analizziamo i temi più importanti che ogni startupper deve conoscere. In questa puntata parleremo di distribuzione delle quote, work for equity, stock option. Materia complessa, ma pensate a quanto possa essere emozionante il momento in cui si affronta il tema quote con i propri soci.
Cristina Crupi: Buongiorno Mario! Nell’introduzione hai centrato il punto: la distribuzione delle quote per i soci fondatori di una startup è sempre un momento emozionante, ma anche delicato. E tu quanto ci hai pensato per attribuire le quote della tua società?
Mario Moroni: Mi è capitato di pensarci a lungo ed effettivamente, la parte emotiva gioca un ruolo fondamentale se non, forse, anche brutti scherzi… ci sono delle regole che possono aiutare i founder?
Cristina Crupi: Non è semplice per molti founder capire come distribuire le quote in modo da assicurare una certa equità, soprattutto se si è alla prima esperienza imprenditoriale.
Mario Moroni: Immagino ci siano dei criteri da rispettare e, quindi, che non sia possibile distribuire le quote in base alle sensazioni che si vivono in un determinato momento?
Cristina Crupi: Certo, le quote vanno distribuite secondo alcuni criteri e non stabilite a caso, perché stabilirle casualmente o ripartirle in sterili parti uguali potrebbe far sorgere nel lungo periodo malumori e conflitti tra i soci.
Mario Moroni: Il criterio che va per la maggiore qual è? Credo però che tu stia anche per darci un consiglio un po’ più interessante…
Cristina Crupi: Generalmente constato che si sceglie di assegnare la maggior parte delle quote al socio che ha avuto l’idea, ma attenzione perché non deve essere per forza sempre così. Per una buona ed efficace ripartizione si dovrebbe tener presente:
- chi ha avuto l’idea
ma anche:
- chi è determinante per lo sviluppo
- chi dedica una maggiore quantità di tempo e quindi rischia di più di altri
- e persino considerare anche chi ha più esperienza e competenze.
Sono tutti fattori da valutare attentamente quando si affronta il tema della suddivisione delle quote.
Mario Moroni: Hai appena elencato dei criteri interessanti a cui spesso i founder non pensano così facilmente. E dopo la costituzione come le startup possono assicurarsi la partecipazione di gente esperta e capace senza doverli pagare un patrimonio? In questo caso la norma non ci viene in soccorso?
Cristina Crupi: Hai detto bene Mario. Per questo caso parliamo di work for equity e stock option: due strumenti partecipativi al capitale sociale fondamentali e che la normativa assegna alle startup innovative. Ovviamente è bene che si conoscano a fondo.
WORK FOR EQUITY
Mario Moroni: Le regole per le startup innovative è molto sfaccettata e regolamenta tutti passaggi…
Cristina Crupi: Sì, basti pensare che il work for equity è fondamentale per avvalersi di collaboratori o consulenti qualificati e poterli pagare con equity, anziché in denaro. Proprio perché nella fase costitutiva di una nuova impresa o nello sviluppo del prodotto o del servizio c’è bisogno di strumenti agili e altrettanto innovativi.
In particolare, il work for equity è uno strumento che, se usato bene, fa la differenza: può essere affiancato a un piano di incentivazione – che va redatto con attenzione per essere efficace. In questo modo è possibile ingaggiare e incentivare costantemente il collaboratore, anche per diversi anni e attribuirgli equity a fronte del raggiungimento di obiettivi.
LE STOCK OPTION
Mario Moroni: In passato abbiamo assistito ad aziende innovative che hanno raggiunto il successo e che hanno trasformato la vita di molti dipendenti e collaboratori. Ma qual è la differenza con le stock option?
Cristina Crupi: Le stock option servono, e sono importantissime – per incentivare i dipendenti o gli amministratori strategici, quelli fondamentali per lo sviluppo della società, ed evitare – o ridurre fortemente – così il rischio che possano abbandonare la società per cogliere offerte lavorative più allettanti economicamente.
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L’immagine sulla suddivisione delle quote è a cura dell’autrice