Con il termine disruptive innovation si identifica quel tipo di innovazione che porta alla creazione di un nuovo mercato, di un nuovo modello di business o un nuovo sistema di valori, sostituendo via via i player, le alleanze ed i prodotti esistenti. Essa è solitamente associata ad una nuova tecnologia.
Le innovazioni dirompenti tendono a essere prodotte da estranei e imprenditori nelle startup, piuttosto che da aziende leader di mercato esistenti. L’ambiente imprenditoriale dei leader di mercato non consente loro di perseguire innovazioni dirompenti quando si presentano per la prima volta, perché all’inizio non sono sufficientemente redditizie e perché il loro sviluppo può sottrarre risorse scarse alle innovazioni sostenibili (necessarie per competere con la concorrenza attuale).
DISRUPTIVE INNOVATION: TRADUZIONE E SIGNIFICATO
L’espressione è composta da due termini. Se la traduzione di innovation è piuttosto immediata, meno lo è quella di disruptive. La parola italiana “dirompente” rende solo in parte il senso del vocabolo inglese. Lo studente indisciplinato che disturba in classe e viene cacciato dall’aula è disruptive, ma può essere disruptive, cioè deleteria, l’influenza esercitata da qualcuno di poco raccomandabile. Ma anche uno sciopero può essere disruptive, cioè paralizzante in questo caso.
Il significato profondo di disruptive innovation tiene insieme queste tre anime dell’aggettivo: indisciplinato e che disturba, deleterio, che va a rompere e distruggere qualcosa (anche solo le certezze precedenti) e paralizzante, nel senso che porta con sé nuovi modi che possono paralizzare chi non li comprende e rimane al passo.
DISRUPTIVE INNOVATION: LA DEFINIZIONE DI CHRISTENSEN
Il termine disruptive innovation è stato introdotto per la prima volta dai professori Clayton Christensen e Joseph Bower nel 1995 all’interno di un articolo intitolato “Disruptive Technologies: Catching the Wave”.
Lingfei Wu, Dashun Wang e James A. Evans hanno successivamente allargato la teorizzazione del termine. Con esso hanno infatti identificato l’insieme dei progressi scientifici e tecnologici disruptive nati da quella mole di documenti, brevetti e prodotti software (oltre 65 milioni) che coprono il periodo 1954-2014. Il loro lavoro è stato presentato come copertina del numero di febbraio 2019 di Nature ed è stato incluso tra i 100 lavori più discussi di Altmetric nel 2019.
Secondo la teoria elaborata da Clayton Christensen e Joseph Bower è possibile affermare:
- La disruption è un processo, non un prodotto o un servizio.
- Prende le mosse da clienti basso spendenti o meno esigenti o nuovi mercati.
- Le nuove aziende non raggiungono i clienti tradizionali finché la qualità non raggiunge i loro standard.
- Il modello di business di una nuova impresa differirà, dopo questo, dal modello di impresa tradizionale.
- Il successo non è un requisito e alcune attività possono essere dirompenti ma fallire miseramente.
A questo riguardo, un corollario se vogliamo:
- Non tutte le innovazioni sono disruptive, anche se sono rivoluzionarie.
Pensiamo alle prime automobili. Alla fine del XIX secolo non furono un’innovazione dirompente, perché erano articoli troppo costosi, che non offrivano una valida ed efficace alternativa ai veicoli trainati da cavalli. Né in termini di velocità, né in termini di sicurezza o prezzo. Il mercato dei trasporti rimase essenzialmente intatto fino al debutto della Ford Model T a basso prezzo nel 1908. L’automobile prodotta in serie è stata invece un’innovazione dirompente, perché ha cambiato definitivamente e immediatamente il mercato dei trasporti di massa.
LOW END E NEW MARKET
Esistono sostanzialmente due tipi di disruptive innovation:
- Low-end: si verifica nei mercati a basso costo, quando la velocità con cui i prodotti migliorano supera la velocità con cui i clienti possono adottare la nuova prestazione. Pertanto, a un certo punto le prestazioni del prodotto superano le esigenze di determinati segmenti di clientela. A questo punto, una tecnologia dirompente può entrare nel mercato e fornire un prodotto con prestazioni inferiori rispetto all’esistente, ma che supera i requisiti di determinati segmenti, guadagnando così un punto d’appoggio nel mercato. Lentamente l’azienda tradizionale lascerà spazio a quelle innovative, più aggressive e flessibili, spostandosi su mercati a maggiore valore aggiunto
- New market: si verifica quando un prodotto si adatta a un segmento di mercato nuovo o emergente che non è servito dagli operatori storici esistenti nel settore.
Copertina dell’articolo Disruptive Techonologies: Catching the Wave” di Clayton Christensen e Joseph Bower nel 1995