Costi di non conformità e rischi di responsabilità enormi: questo il j’accuse delle maggiori aziende europee della aziende leader europee dell’high-tech. Lo scopo dell’AI Act dovrebbe essere garantire la sicurezza, l’etica e la fiducia nella tecnologia dell’intelligenza artificiale e, al tempo stesso, promuovere l’innovazione e la competitività in questo settore. È fattibile? E a quale prezzo?
Come sapete il 14 giugno è stato rilasciato dal Parlamento europeo una prima bozza dell’AI Act. Ma che cos’è l’AI ACT? È la normativa, ancora tutta da completare, che dovrebbe regolamentare l’ecosistema dell’AI, fornendole limiti, confini e ambiti di applicazione.
Il quadro normativo non è ancora completo, tanto che le autorità europee contano di concludere l’iter entro fine 2023, ma già quanto reso pubblico ad oggi fa storcere il naso alle grandi aziende.
Il 30 maggio un numero consistente di società europee, oltre 150, hanno firmato una lettera aperta diretta al Parlamento Europeo in cui esprimono tutti i loro dubbi.
Il maggiore? L’AI Act perchè potrebbe “mettere a rischio la competitività e la sovranità tecnologica dell’Europa”.
LA LETTERA APERTA SULL’AI ACT
Lettera aperta ai rappresentanti delle Commissioni europee, del Consiglio Europeo e del Parlamento Europeo.
Intelligenza artificiale: l’opportunità dell’Europa di ricongiungersi all’avanguardia tecnologica.
In qualità di parti interessate impegnate del settore economico europeo, vorremmo esprimere la nostra serie preoccupazioni sulla proposta di legge dell’UE sull’intelligenza artificiale (AI). Nella nostra valutazione, il disegno di legge metterebbe a repentaglio la competitività e la tecnologia della sovranità europea, senza occuparsi efficacemente le sfide che stiamo e dovremo affrontare.
Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda l’IA generativa. Secondo la versione recentemente adottata dal Parlamento europeo, i modelli fondanti, indipendentemente dai loro casi d’uso, sarebbero pesantemente regolamentati e le società che sviluppano e implementano tali sistemi si troverebbero ad affrontare costi di conformità sproporzionati e rischi di responsabilità sproporzionati. Tale regolamento potrebbe portare le imprese altamente innovative a spostare le loro attività all’estero e gli investitori a ritirare il loro capitale investito nello sviluppo dei cosiddetti “European Foundation Models” e dell’IA in generale. Il risultato sarebbe un divario di produttività critico tra le due sponde dell’Atlantico.
È importante sottolineare che la complessità intrinseca e le sfide poste dall’IA generativa, così come l’innegabile necessità di una corretta regolamentazione, non sono affatto negate. Dato il profondo impatto che l’IA ha su molte aree della vita, è evidente la necessità di costruire e sviluppare adeguatamente questi modelli al fine di garantirne l’uso sicuro. Questi i requisiti da rispettare:
- obbligo di diligenza nello sviluppo del modello
- etichettatura standard dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale
- test di sicurezza prima dell’introduzione di nuovi modelli lo sono requisiti che devono essere rispettati.
I TIMORI DELLE AZIENDE EUROPEE
Dobbiamo essere chiari sulle conseguenze. Come l’invenzione di Internet o l’innovazione portata dai chip di silicio, l’intelligenza artificiale generativa è il tipo di tecnologia che sarà decisiva per la capacità di prestazione e quindi il significato delle diverse regioni: gli stati con i modelli di linguaggi più estesi e potenti avranno inevitabilmente un vantaggio competitivo decisivo. La loro l’influenza è persino maggiore: ad esempio, andando a sostituire i motori di ricerca e affermandosi come gli assistenti della nostra vita quotidiana (personale e professionale), diventeranno inevitabilmente potenti strumenti che plasmano non solo la nostra economia ma anche la nostra cultura. L’Europa non può permettersi di rimanere ai margini.
Tuttavia, voler far dipendere la regolamentazione dell’IA generativa da una legge (vincolando quindi l’AI alla rigida logica della conformità) è un approccio tanto burocratico quanto inefficace nel raggiungere lo scopo che i legislatori si sono prefissati.
In un contesto in cui sappiamo molto poco dei rischi reali, del modello di business o delle applicazioni dell’IA generativa, il diritto europeo dovrebbe limitarsi a enunciare principi generali in un approccio basato sul rischio. Lo sviluppo e l’implementazione di questi principi dovrebbero essere affidati ad a organismo di regolamentazione dedicato, composto da esperti a livello dell’UE e dovrebbe essere portato avanti in un processo agile, in grado di adattare continuamente le norme pratiche al rapido ritmo dello sviluppo tecnologico e dei rischi concreti che emergono. Tale procedura dovrebbe essere sviluppata di concerto con l’economia.
Anche la creazione di un quadro normativo transatlantico è una priorità. È un prerequisito per garantire la credibilità delle tutele che vengono messe in atto. Dato che molti dei principali attori negli Stati Uniti hanno avanzato anch’essi proposte simili, spetta ai rappresentanti dell’Unione europea europea a cogliere questa opportunità per creare condizioni di parità giuridicamente vincolanti.
Siamo convinti che il nostro futuro dipenda in modo significativo dall’ingresso dell’Europa tra le nazioni tecnologicamente all’avanguardia, soprattutto in un campo così importante come l’intelligenza artificiale (generativa). Per questo facciamo appello ai decisori europei affinché rivedano l’ultima versione dell’AI ACT, concordando su una legislazione proporzionata e lungimirante che sia in grado di contribuire alla competitività europea, proteggendone parimenti la società. È nostra responsabilità comune gettare le basi per uno sviluppo europeo dell’AI che sia in linea con il nostri valori e costituisca la base per un’Europa forte, innovativa e prospera.
PERCHÈ LE AZIENDE SONO CONTRARIE
I firmatari di questa lettera aperta, tra cui figurano anche Renault, Heineken, Airbus e Siemens, ritengono che l’AI ACT esponga il mercato europeo a una serie di pericoli. Il principale è sicuramente legato al timore che l’AI ACT così come impostato attualmente, impedisca all’Europa nel suo insieme di “ricongiungersi all’avanguardia tecnologica” che la tecnologia AI sta mettendo a disposizione.
Questo perché, secondo la bozza dell’AI Act presentata, i fornitori di modelli di AI dovranno affrontare una trafila burocratica inutilmente pesante. Essi dovranno infatti:
- registrare il proprio prodotto in EU
- sottoporre il proprio prodotto a valutazione del rischio
- soddisfare una serie di requisiti di trasparenza
Questo implica, anche per i meno smaliziati, una divulgazione dei dati riservati protetti da copyright utilizzati per addestrare l’intelligenza artificiale. Secondo i firmatari, questa regola espone i fornitori di modelli di AI a costi di conformità e rischi di responsabilità sproporzionati, scoraggiando sostanzialmente i produttori e bloccando il mercato.
A questo link “Artificial Intelligence: Europe’s chance to rejoin the technological
avant-garde” potete trovare il testo originario in inglese.
L’immagine di copertina è presa da pexels.com